L’istanza di condono pende da 20 anni? Ok alla demolizione

Continua la linea intransigente della Cassazione contro gli abusi edilizi e il via libera alle ruspe. L’ultimo verdetto afferma infatti che, anche se le pratiche di condono delle case abusive giacciono sui ‘binari morti’ negli uffici della pubblica amministrazione, deve ugualmente essere eseguito l’ordine di demolizione – in seguito al passaggio in giudicato della condanna penale del proprietario dell’immobile illegale – anche se l’istanza di condono è pendente da venti anni e non è stata ancora esaminata. Cosi’ i supremi giudici hanno dato disco verde alla demolizione di una
casa abusiva costruita a Pompei per la quale era stata fatta istanza di sanatoria, prima del 1996 – data della condanna
definitiva del proprietario – in base alle norme sul condono edilizio contenute nella legge finanziaria del 1994. Senza successo, il padrone di questa casa, Alfonso D. originario di Pompei, ha fatto presente che “il mancato esame della richiesta stessa di condono dopo venti anni era addebitabile solamente all’inerzia amministrativa, e dunque la
complessiva pubblica inattività rendeva grottesco il richiamo al generale interesse di rapida definizione” delle procedure di demolizione. In questo modo, Alfonso D. ha fatto ricorso alla Suprema Corte contro la sentenza con la quale il Tribunale di Torre Annunziata nel giugno 2016 aveva dato l’ok alla demolizione della casa in esecuzione della sentenza del 13 giugno 1996 firmata dal pretore di Torre Annunziata, sezione distaccata di Pompei, divenuta irrevocabile nel settembre 1996.

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